Autrice: Diletta Paoletti – Esperta di Diritto, Politiche e Fondi Europei, Segretario Generale di EAL.
È in corso queste settimane il negoziato tra Italia e Commissione europea sull’accordo di partenariato che dovrà essere sottoscritto dal nostro Paese e dall’Unione, la cui bozza licenziata a fine giugno 2021 è oggetto del confronto informale con Bruxelles.
Il testo contiene la pianificazione dell’utilizzo di circa 83 miliardi di fondi strutturali dedicati al nostro Paese per il ciclo di programmazione 2021-2027, composti da risorse europee e cofinanziamento nazionale. L’obiettivo è quello di riuscire a chiudere i negoziati per la metà di settembre.
Ma che cosa è esattamente l’Accordo di partenariato? Si tratta dello strumento che definisce, a livello di ciascun paese membro dell’Ue, i fabbisogni di sviluppo, gli obiettivi tematici, i risultati attesi e le azioni da realizzare tramite l’impiego dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE), ossia quei finanziamenti chiamati anche “indiretti” con cui l’Ue intende rendere omogenei, in termini sociali, economici e di sviluppo, i territori europei.
Del portafoglio ad oggi delineato, oltre 56 miliardi (all’incirca i due terzi) andranno a finanziare Programmi operativi regionali (POR), mentre il resto andrà ai Programmi operativi nazionali (PON).
Cinque gli obiettivi di policy individuati dall’Ue e contenuti dall’Accordo (nella precedente programmazione 2014-2020 erano 11). Anzitutto si punta ad “un’Europa più intelligente”, investendo in ricerca, innovazione, digitalizzazione, competitività delle Pmi e transizione industriale. Il secondo obiettivo è quello di “un’Europa più verde”: si dà sostanza ai temi del Green Deal e si programmano interventi in ambito energetico, climatico, ma anche in fatto di economia circolare e mobilità. Il terzo obiettivo di policy riguarda le infrastrutture “un’Europa più connessa”. Dedicati al “capitale umano” gli obiettivi 4 e 5, rispettivamente “un’Europa più inclusiva” e “un’Europa più vicina ai cittadini”. Mentre il primo ha a che fare con la formazione delle competenze, con l’occupazione e con la protezione sociale, compresi i settori cultura e turismo, il secondo si rende contenitore di strategie di sviluppo incentrate sulle esigenze dei territori..
I contenuti sono ancora oggetto di confronto, ma l’assetto generale dell’Accordo rimarrà quello già delineato grazie ad un negoziato complesso ed articolato e che coinvolge non solo le amministrazioni dello Stato centrale, ma anche le Regioni: sono proprio le autorità sub-statuali, infatti, ad essere i soggetti gestori della gran parte dei programmi di finanziamento a valere sui Fondi SIE (i cosiddetti POR, programmi operativi regionali).
L’Accordo deve essere approvato con decisione della Commissione europea, l’unica a poterlo modificare nelle fasi successive.
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